Le speranze di un’inversione di tendenza sui mercati mondiali, affossati giovedì e venerdì dall’introduzione dei dazi voluti dal presidente statunitense Trump, non si sono concretizzate. Anzi le Borse hanno passato una terza giornata consecutiva di panico, pur con un progressivo tentativo da parte di Wall Street e soprattutto dei titoli tecnologici di limitare i danni. Che comunque sono enormi: in tre giorni di ‘sell off’ i soli mercati finanziari hanno bruciato quasi 10mila miliardi di dollari, 9.500 secondo i calcoli di Bloomberg. E i ‘caduti’ anche nella prima giornata della settimana sono tanti. Hanno iniziato le Borse asiatiche a far capire che il clima non era certo quello del rimbalzo, con il crollo a due cifre (-13%) per Hong Kong. Pesantissimi anche i listini di Tokyo, Shanghai e Shenzhen, che hanno ceduto il 7% abbondante.
Molto male inoltre i mercati azionari del Vecchio continente: le Borse peggiori sono state quelle di Milano e Madrid, che hanno chiuso con un ribasso del 5,1%, seguite da Parigi e Amsterdam in calo del 4,7%, mentre Londra ha ceduto il 4,4% e Francoforte ha perso quattro punti. Alla fine della giornata le Borse europee hanno bruciato 683 miliardi di euro, con un saldo complessivo in tre giorni di perdite per 1.924 miliardi.
Molto breve è stata l’illusione di metà pomeriggio su una possibile pausa di 90 giorni sui dazi, fatta eccezione per la Cina, che sarebbe all’esame di Donald Trump: l’ipotesi è stata attribuita al consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, ma poco dopo la stessa Casa Bianca ha definito la ricostruzione una ‘fake news’. Gli operatori finanziari comunque ci avevano creduto poco, accennando solo una limatura delle perdite per poi tornare su pesanti cali.
A credere che la crisi sia pericolosa sembra vi siano invece i dirigenti di alcune delle più grandi banche del mondo, che secondo Sky News hanno avuto una ‘call’ sugli effetti dei dazi sui mercati finanziari e sull’impatto per l’economia globale. Vi avrebbero partecipato i responsabili di istituti di credito tra i quali Bank of America, Barclays, Citi e Hsbc Holdings, per discutere del caos in corso.

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Importante anche un’analisi di Goldman Sachs, che si aspetta “un’accelerazione significativa” della Cina sulle misure di allentamento fiscale per compensare le nuove difficoltà alla crescita emerse con i dazi aggiuntivi Usa. La banca d’affari ipotizza un impatto di “almeno lo 0,7%” in meno sul Prodotto interno lordo di Pechino per il 2025. “Prima dei dazi, la crescita stava procedendo al di sopra delle nostre previsioni e stavamo contemplando una revisione al rialzo delle aspettative sul Pil per quest’anno”, aggiunge Goldman Sachs.
In questo contesto lo spread tra Btp e Bund tedeschi a 10 anni è rimasto abbastanza calmo sui 125 punti base, anche se nel finale di seduta è partita una corrente di forte rialzo dei rendimenti di tutti i titoli di Stato europei, specie del Regno Unito, saliti di 16 ‘basis point’. Il prodotto del Tesoro ha chiuso al 3,86%, con un aumento di quasi dieci punti base.
L’euro ha tenuto quota 1,09 contro il dollaro, deboli le criptovalute con il Bitcoin in calo di circa il 5% sotto gli 80mila dollari. Forte nervosismo anche sui listini dell’energia: il petrolio a New York è sceso anche al di sotto dei 60 dollari, ai livelli minimi degli ultimi quattro anni, per poi muoversi di poco sopra questa soglia psicologica. Il gas ad Amsterdam ha invece chiuso in leggero rialzo (+1% a 37 euro al Megawattora) una giornata passata quasi tutta in calo.
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