La regione del Nord Kivu è in ginocchio, devastata dall’assedio dei ribelli sostenuti dal Rwanda e da una crisi umanitaria senza precedenti. A due anni dal viaggio di Papa Francesco in Congo, il rappresentante pontificio a Kinshasa, monsignor Leskovar, fa il punto sulla situazione e delinea le possibili vie d’uscita dalla crisi: “Urgente un lavoro della comunità internazionale e nazionale, rafforzando le strutture statali, cercando di combattere la corruzione.”
Proteggere la popolazione civile di Goma e pregare per il rapido ripristino della pace e della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo. A due anni dal suo viaggio apostolico nel più grande Paese cattolico francofono dell’Africa, l’appello di Papa Francesco ha avuto ampia risonanza tra la popolazione locale. Il rappresentante pontificio, monsignor Mitja Leskovar, riporta che diverse autorità congolesi e vescovi hanno ringraziato il Papa per le sue parole.
La situazione nel Nord Kivu è estremamente grave, con vittime e sparatorie in corso. Non tutte le zone di Goma sono state colpite, permettendo alla popolazione di soddisfare i bisogni primari. Si auspica un ritorno ai negoziati e la fine delle violenze per trovare soluzioni diplomatiche. La Chiesa cattolica congolese è molto impegnata nella società, offrendo assistenza e lavorando per promuovere la pace.
La Santa Sede si impegna a mobilitare la comunità internazionale per trovare una via d’uscita pacifica alla crisi in Congo. Il Papa richiama l’attenzione internazionale sulle difficoltà del Paese e si lavora attraverso la diplomazia bilaterale e multilaterale per una soluzione pacifica.
In conclusione, due anni dopo l’incontro di Papa Francesco con le vittime della violenza in Congo, la situazione è ancora critica. Le parole del Papa di allora non sono state dimenticate, ma è fondamentale ricordarle e agire di conseguenza per portare pace e stabilità nella regione.
Qualcuno ha scritto: “Sono belle parole, ma noi vogliamo la guerra”. Quell’uomo non ha letto le testimonianze, non sa quello che dice. È terribile.
Due anni fa, il Papa aveva lanciato un appello per la riconciliazione e il cambiamento nel Paese, che partisse dagli stessi congolesi. Quale impressione pensa che il viaggio abbia lasciato nei cuori delle persone? Quali semi ha gettato?
Il messaggio del Papa è più che mai attuale. Questo circolo vizioso deve essere fermato, ma senza l’apertura al compromesso sarà impossibile trovare la pace in questa terra, che è stata tormentata da numerosi contrasti, talvolta guidati anche da interessi personali.
Come si esce dalla logica del potere e dello sfruttamento di cui la Repubblica Democratica del Congo è diventata tragicamente un crogiolo e che il Papa stesso ha denunciato due anni fa?
Per domande complesse ci sono soluzioni complesse. Dobbiamo lavorare a diversi livelli: dalla comunità internazionale a quella nazionale, rafforzando le strutture statali, cercando di combattere la corruzione e sensibilizzando la responsabilità di ogni cittadino nei confronti del bene comune e dello sviluppo del Paese. Uno dei problemi più gravi è infatti l’eccessiva enfasi della popolazione sul progresso individuale. Come dice il Papa, questo richiederà una conversione dei cuori. Non possiamo aspettarci che le strutture dello Stato o della comunità internazionale risolvano i nostri problemi senza toccare i nostri cuori, le nostre abitudini e le nostre convinzioni. Queste sono le tre vie principali per la soluzione.
Stiamo vivendo il Giubileo della Speranza. Dove la si può trovare in Repubblica Democratica del Congo?
La speranza c’è perché gli esseri umani sono sempre capaci di convertirsi e di impegnarsi per la pace. A mio avviso, non esiste una situazione persa in partenza e senza via d’uscita. Al contrario, c’è un duro lavoro da fare e dei sacrifici da compiere. Tutto questo dà una prospettiva: le cose possono migliorare! Prendiamo ad esempio l’istruzione: tra il 40% e il 50% delle istituzioni educative sono gestite dalla Chiesa cattolica. Le iniziative per la pace e il dialogo ci sono, ma vanno intensificate, sviluppate ed estese. La preghiera, soprattutto, è importante. Chiedo a tutti coloro che ci leggono di pregare per la pace nella Repubblica Democratica del Congo.