Are you ready to embrace hope and let it guide your life forever? According to Pope Francis, “Hope is not dead, hope is alive, and it envelops our lives forever! Hope does not disappoint,” this was the central message in his homily for the opening of the Holy Door marking the beginning of the Jubilee.
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With the opening ceremony of the Holy Door, the Jubilee began yesterday on Christmas Eve. Approximately 30,000 faithful gathered in St. Peter’s Square to witness the ceremony and accompany Pope Francis in the ritual. After pushing open the door of the basilica that inaugurates the Jubilee year, the pontiff addressed the faithful with a homily. At the heart of the message was hope. “And if God comes, even when our hearts resemble a poor manger, then we can say: hope is not dead, hope is alive, and it envelops our lives forever! Hope does not disappoint,” an invitation to face the world’s difficulties without giving up.
The full text of Pope Francis’ homily for the beginning of the Jubilee
An angel of the Lord, wrapped in light, illuminates the night and delivers the good news to the shepherds: “I bring you good news that will cause great joy for all the people: Today in the town of David a Savior has been born to you; he is the Messiah, the Lord” (Luke 2:10-11). Amidst the wonder of the poor and the angels’ song, heaven opens up to earth: God became one of us to make us like Him, He descended among us to lift us up and bring us back into the Father’s embrace.
This, brothers and sisters, is our hope. God is Emmanuel, God with us. The infinitely great became small; divine light shone in the darkness of the world; the glory of heaven appeared on earth. And how? In the smallness of a Child. And if God comes, even when our hearts resemble a poor manger, then we can say: hope is not dead, hope is alive, and it envelops our lives forever! Hope does not disappoint.
The Holy Door opened at St. Peter’s Basilica: history and significance
Brothers and sisters, with the opening of the Holy Door, we have begun a new Jubilee: each one of us can enter into the mystery of this message of grace. This is the night when the door of hope swung wide open on the world; this is the night when God says to each one of us: there is hope for you too! There is hope for each one of us. But do not forget, brothers and sisters, that God forgives everything, God forgives always. Do not forget this, as it is a way to understand hope in the Lord.
To receive this gift, we are called to journey with the wonder of the shepherds of Bethlehem. The Gospel says that they, after receiving the angel’s announcement, “went at once” (Luke 2:16). This is the indication to find the lost hope, renew it within us, sow it in the desolations of our time and our world: without delay. And there are so many desolations in this time! Think of the wars, the children shot, the bombs on schools and hospitals. Do not delay, do not slow down, but be drawn by the good news.
Without delay, let us go to see the Lord who was born for us, with a light and alert heart, ready for the encounter, to be able to translate hope into the situations of our lives. And this is our task: to translate hope into the different situations of life.
La Speranza Cristiana: Vivere Oggi la Promessa del Signore
La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia.
Impariamo dall’esempio dei pastori: la speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; la speranza non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; la speranza è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità, e non solo, anche attraverso la nostra compassione.
Guardando a come spesso ci sistemiamo in questo mondo, adattandoci alla sua mentalità, un bravo prete scrittore così pregava per il Santo Natale: «Signore, Ti chiedo qualche tormento, qualche inquietudine, qualche rimorso. A Natale vorrei ritrovarmi insoddisfatto. Contento, ma anche insoddisfatto. Contento per quello che fai Tu, insoddisfatto per le mie mancate risposte. Toglici, per favore, le nostre paci fasulle e metti dentro alla nostra “mangiatoia”, sempre troppo piena, una brancata di spine. Mettici nell’animo la voglia di qualcos’altro» (A. Pronzato, La novena di Natale).
La speranza cristiana è proprio il “qualcos’altro” che ci chiede di muoverci “senza indugio”. A noi discepoli del Signore, infatti, è chiesto di ritrovare in Lui la nostra speranza più grande, per poi portarla senza ritardi, come pellegrini di luce nelle tenebre del mondo.
Sorelle, fratelli, questo è il Giubileo, questo è il tempo della speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare: lo diventi per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù.
A noi, tutti, il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza. Portare speranza lì, seminare speranza lì.
Il Giubileo si apre perché a tutti sia donata la speranza, la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono.
E torniamo al presepe, guardiamo al presepe, guardiamo alla tenerezza di Dio che si manifesta nel volto del Bambino Gesù, e chiediamoci: «C’è nel nostro cuore questa attesa? C’è nel nostro cuore questa speranza? […] Che questa visione di speranza illumini il nostro cammino di ogni giorno» (C. M. Martini, Omelia di Natale, 1980).
Sorella, fratello, in questa notte è per te che si apre la “porta santa” del cuore di Dio. Gesù, Dio-con-noi, nasce per te, per me, per noi, per ogni uomo e ogni donna.