Israele: «Attaccati 1.300 obiettivi». Gallant: «Stiamo decimando Hezbollah»
Di: Davide Frattini – Corriere della Sera
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GERUSALEMME – Il piccolo quadrato ha una freccia disegnata per ogni lato. Da qualunque parte ma non qui, è il messaggio ripetuto in arabo. Il lancio dei volantini sul Sud del Libano e oltre precede di poco il rimbombo dei missili, esplosioni che si ripetono come un’eco, quando i jet centrano un deposito di armamenti. L’esercito ordina agli abitanti nei villaggi di allontanarsi da quei magazzini letali, mostra un video per illustrare come Hezbollah spari da dentro le case.
I libanesi uccisi sono quasi 500, tra loro 35 bambini, il giorno più sanguinoso dai tempi della guerra civile finita nel 1990, il bombardamento più massiccio dal conflitto nel luglio e agosto di diciotto anni fa tra Tsahal e il gruppo sciita. Che bersaglia tutto il Nord dall’altra parte del confine, arriva fino ad Haifa e più giù in Cisgiordania, sotto il fuoco finiscono anche le case dei palestinesi: centinaia tra razzi e missili, la maggior parte intercettati dal sistema di difesa Cupola di Ferro.
Nessun piccolo quadrato ha avvertito Ali Karaki di non entrare in quel palazzo a Dahieh, la roccaforte di Hezbollah nel Sud di Beirut. Gli è crollato addosso colpito dalle bombe, com’era successo ad Ibrahim Aqil, del quale aveva appena preso il posto al comando: Karaki — secondo i media sauditi — sarebbe sopravvissuto. Fino ad ora guidava il fronte Sud, quello più importante in questi 11 mesi di scontri quotidiani con le forze israeliane, da quando i paramilitari sciiti hanno legato i loro attacchi alla guerra contro Hamas a Gaza, scoppiata dopo i massacri del 7 ottobre in Israele.
Il premier Netanyahu sta partendo per New York per partecipare all’assemblea dell’Onu
Yoav Gallant, il ministro della Difesa, proclama: «Stiamo decimando tutte le capacità militari che Hezbollah ha costruito in vent’anni. Hassan Nasrallah è rimasto solo ai vertici». Secondo Sky News Arabia, ieri sarebbe stato eliminato Abu Ali Riya, un altro leader dell’organizzazione armata dall’Iran. I portavoce dell’esercito dichiarano di aver colpito 1.300 obiettivi, stimano che il 50 per cento dei missili, razzi e droni siano stati distrutti, se il calcolo fosse corretto ne resterebbero 60-70 mila. Sta a Nasrallah decidere come impiegarli, quanto allargare il raggio dei raid, le dotazioni di Hezbollah possono colpire fino a Tel Aviv e oltre. Il governo israeliano decreta «la situazione speciale di emergenza» in tutto il Paese, mentre Herzi Halevi, il capo di Stato maggiore, annuncia: «Stiamo preparando la prossima fase dell’operazione».
Benjamin Netanyahu prepara invece i bagagli per partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, da dove Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano, spiega che «per ora non ci sono ipotesi di evacuazione per i nostri militari», fanno parte del contingente Unifil dispiegato nel Sud del Libano dall’Onu. Il premier israeliano si rivolge in un video-messaggio agli abitanti arabi: «Non lasciate che Hezbollah vi metta in pericolo, andatevene dalle zone degli attacchi». Minaccia invece Nasrallah senza nominarlo: «Tutti sono nel mirino».
Joe Biden, il presidente americano, assicura che assieme ai consiglieri «sta lavorando per ridurre lo scontro», sarebbe anche pronta la proposta della Casa Bianca per la tregua a Gaza, dove i palestinesi uccisi superano i 41 mila. Per ora il Pentagono fa la prima mossa e decide di inviare altre truppe per rafforzare i 40 mila soldati già schierati in Medio Oriente.
La stima
Per Tsahal, il 50% di missili, razzi e droni dei miliziani sarebbe stato distrutto