La vita di un oncologo non è facile, costantemente confrontato con la malattia e la morte. Il fenomeno del burnout tra gli oncologi è in aumento, diventando un’emergetza reale con 1 su 4 che considererebbe addirittura di lasciare la professione. È quanto emerge da una ricerca condotta dalla Società europea di oncologia medica (Esmo) che ha rilevato come il problema colpisca più di due terzi dei giovani oncologi in Europa.
Le difficoltà affrontate dagli oncologi sono state ulteriormente evidenziate da tre indagini globali condotte durante la pandemia di Covid-19. L’Esmo, che attualmente tiene il suo congresso a Barcellona, chiede un’azione globale per prevenire il burnout e promuovere il benessere del personale oncologico.
La Task Force sulla Resilienza dell’Esmo ha recentemente pubblicato un documento che propone 11 azioni per affrontare il burnout in oncologia. Tra le principali cause ci sono l’affaticamento legato all’atteggiamento di compassione, l’esposizione alla morte, l’aumento degli oneri amministrativi e lo squilibrio tra lavoro e vita privata.
Le misure proposte dall’Esmo includono maggiore formazione, gestione di carichi di lavoro gestibili, condizioni di lavoro flessibili e ambienti lavorativi più piacevoli. È essenziale investire nella fidelizzazione della forza lavoro per garantire la sostenibilità dei servizi oncologici.
Il presidente Esmo, Andres Cervantes, afferma che il burnout è un problema comune che non possiamo ignorare. Con il crescente carico di lavoro per gli oncologi e la pressione associata, è necessario agire per garantire la qualità e l’equità delle cure nel futuro.
È fondamentale affrontare il burnout e implementare cambiamenti necessari, altrimenti si rischia un deterioramento della qualità dell’assistenza e un aumento delle disuguaglianze sanitarie. Le misure proposte non sono solo cosmetiche ma essenziali per il futuro della cura del cancro.
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