
Nel trentacinquesimo anniversario del massacro di Piazza Tiananmen, il regime comunista cinese ha cercato silenziosamente di soffocare qualsiasi rievocazione dell’evento del 1989 attraverso reprimende, incarcerazioni e violazioni dei diritti umani.
Quel triste 4 giugno, l’esercito cinese ha ricevuto l’ordine di reprimere brutalmente la pacifica protesta degli studenti, causando la morte di tra le 300 e le 10.000 persone.
«Riabilitate il 4 giugno»
Il 3 aprile, Xu Guang, ex leader del movimento studentesco dell’università di Hangzhou nel 1989, è stato condannato a quattro anni di carcere per aver continuato a chiedere la riabilitazione del 4 giugno e una Cina democratica. Anche i genitori delle vittime sono costretti al silenzio, con casi come quello di Zhang Xianling, cofondatrice del movimento Madri di Tiananmen, che è costantemente sorvegliata dalla polizia per impedirle di parlare con chiunque o rilasciare interviste.
La memoria dell’evento del 4 giugno è censurata online e nei libri di storia in Cina, e questo oblio si sta estendendo anche ad Hong Kong, dove sono state arrestate persone per essersi esposte sulla questione.

Anche la Chiesa ridotta al silenzio
Anche la Chiesa cattolica a Hong Kong non organizzerà la tradizionale messa per ricordare le vittime del 4 giugno, temendo di violare la legge sulla sicurezza nazionale. Il ricordo dell’evento è stato affidato a Taiwan, dove sono previste iniziative per mantenere viva la memoria e continuare la lotta per la libertà e la democrazia.